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IL LABIRINTO DEL FAUNO

Di Luca Bovio

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Il labirinto del fauno (El laberinto del fauno) è un film fantastico del 2006 scritto e diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro.

Nella Spagna del 1944 la giovanissima Ofelia prende coscienza della violenza e brutalità del mondo degli adulti. Il suo incontro con un Fauno pare rivelargli verità nascoste.

Facente parte di un dittico insieme a La spina del diavolo (El espinazo del diablo, 2001) questo film è l’opera di un autore già maturo e in crescita con uno stile oramai definito e chiaramente riconoscibile. Tra i tratti tipici del cinema di Del Toro possiamo individuare senza fatica il tono favolistico e oscuro del racconto. A questo si somma una regia pastosa, ricca e barocca. 

Come pochi altri registi delle nuove generazioni Guillermo Del Toro dimostra di aver studiato con profitto il cinema del passato ed i grandi maestri. Un altro dei topoi di Del Toro presenti nel film è la dicotomia tra mondo soprannaturale, magico e nascosto, e mondo umano, prosaico e manifesto.

Questa dicotomia continuerà nel cinema di Del Toro fino alle sue opere più recenti,come Trollhunters (2016 – 2018).

L’opera è assai struttura e con diversi livelli di interpretazione ed analisi. Al di sotto dei più evidenti temi fantastici e politici possiamo vedere come Del Toro ci parli del passaggio della giovane protagonista dall’infanzia all’età adulta, il tutto organizzato come un rituale magico del tempo antico. Un altro sotto-testo importante anche se tende a passare sotto silenzio è il tema della fantasia come rifugio dalla crudeltà del mondo. Tale sotto-testo può rivelarsi il vero tema fondante del film, nonostante lo stesso regista abbia affermato che la storia sia al suo interno reale. Si potrebbe dire: se ci credi allora è vero; non un puerile invito al fantasticare tuttavia, ma una riflessione su come il rifugiarsi in un proprio palazzo mentale, in una propria fantasia sia comprensibile in determinate situazioni. Alla fine la realtà prenderà il sopravvento, è inevitabile, ma non è detto che la fantasia non possa comunque evitare che l’anima finisca sopraffatta.

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